Il mondo lavorativo si trasforma velocemente, e di pari passo cambiano le competenze più richieste in azienda. Durante il processo di selezione dei candidati, l’ufficio HR non tiene semplicemente conto delle hard skills, ovvero delle abilità tecniche, delle qualifiche e dell’esperienza professionale, ma valuta anche le competenze trasversali, relazionali e personali, le cosiddette “soft skills”.
Secondo il Global Trend Report di LinkedIn 2019, il sondaggio annuale che coinvolge migliaia di professionisti, il 92% degli HR manager ritiene più importanti le soft skills rispetto alle hard skills. Come riporta una ricerca della società di consulenza manageriale McKinsey pubblicata a maggio 2018, la richiesta di soft skills è destinata ad aumentare del 30% entro il 2030.
La crisi delle hard skills
Un tempo erano le hard skills a fare la differenza. Era fondamentale presentare un curriculum ricco di competenze tecniche e specifiche, come la conoscenza di una lingua straniera, l’uso di programmi informatici o di strumenti di grafica.
A ribaltare la situazione sono state le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e i robot: le hard skills non sono più esclusivo appannaggio dell’essere umano, ma vengono assunte dalle macchine, che spesso sono più rapide ed efficienti. Nel mondo lavorativo attuale, definito con il noto acronimo VUCA (volatile, incerto, caotico e ambiguo), le capacità tecniche diventano inoltre velocemente inutili e obsolete, perché i macchinari e gli strumenti si trasformano di continuo. Le soft skills, invece, non invecchiano mai e non possono essere emulate dalle macchine.
Cosa sono le soft skills?
Per soft skills si intendono quelle abilità trasversali che fanno riferimento alla personalità del singolo lavoratore, quale che sia il suo ruolo in azienda. Qui rientrano le caratteristiche personali e tutte le capacità sociali, comunicative e gestionali.
A differenza delle hard skills, che sono concrete e facilmente misurabili, le soft skills sono sfocate, difficili da classificare e da giudicare. Non per questo sono facili da conquistare: sono competenze che vanno costruite e coltivate nel tempo; richiedono buona volontà, predisposizione al cambiamento e una certa umiltà.
Le 5 competenze più richieste sul lavoro secondo LinkedIn
Tra le competenze più richieste in azienda, al primo posto c’è la creatività. La mente umana è in grado di inventare e concepire soluzioni innovative: questo la tecnologia non lo sa fare. Le aziende hanno sì bisogno di macchine che sappiano eseguire e ottimizzare le idee vecchie, ma soprattutto vogliono collaboratori creativi, capaci di anticipare il futuro.
Avere un ottimo prodotto o un’ottima idea, oggi non è più sufficiente. È fondamentale saperlo comunicare all’esterno, ottenere l’approvazione generale e convincere tutti quanti delle potenzialità della propria offerta. Il lavoratore capace di persuadere diventa leader di pensiero, ed è molto prezioso.
Viviamo in un mondo lavorativo in costante cambiamento, che non permette alle aziende e ai dipendenti di ragionare per compartimenti stagno. Le imprese ricercano persone che sappiano lavorare in team, adattarsi ai diversi interlocutori, instaurare e gestire rapporti di collaborazione proficui con colleghi e collaboratori esterni.
In una società mutevole come la nostra, non possiamo rimanere ancorati al passato, ma dobbiamo abbracciare il cambiamento. Una buona risorsa possiede una mente agile, flessibile, pronta a rivedere le soluzioni di ieri e il proprio modus operandi, adattandosi ai tempi e alle nuove dinamiche aziendali.
È un’abilità preziosa, da sempre una delle competenze più ambite in azienda. I datori di lavoro ricercano collaboratori che sappiano organizzare al meglio il proprio tempo, rispettare le scadenze e gestire le priorità. Una buona risorsa ha sempre tutto sotto controllo ed è in grado di fare fronte a eventuali emergenze o imprevisti, senza lasciarsi prendere dal panico.