“Qualunque cosa vogliamo o sogniamo di poter fare, il futuro dipende da cosa facciamo nel nostro presente”.

Ghandi


La situazione attuale

L’introduzione delle nuove tecnologie e l'iper-connettività che caratterizzano l'era moderna non hanno arrecato solo benefici alle persone, ma anche alcuni svantaggi. Il "bombardamento" di stimoli offerto dalle tecnologie moderne e il nuovo modo di intendere la comunicazione tra le persone ha portato a uno stato di Continua Attenzione Parziale: un fenomeno che inibisce la nostra capacità di attenzione e concentrazione.

 

Cosa è la continua attenzione parziale?

La continua attenzione parziale descrive come molti di noi usano oggi la propria attenzione. È qualcosa di diverso dal multi-tasking. I due comportamenti si differenziano per l'impulso che li motiva. Quando cerchiamo di essere multi-tasking, siamo motivati da un desiderio di essere più produttivi e più efficienti.

 

Facciamo spesso cose che sono automatiche, che richiedono pochissima elaborazione cognitiva.

 

Diamo la stessa priorità a gran parte di ciò che facciamo quando siamo in multi-tasking – completiamo documenti, parliamo al telefono, pranziamo, leggiamo il giornale o le mail -  facciamo tante cose allo stesso tempo il più possibile, per avere più tempo per noi stessi e per essere più efficienti e più produttivi.

 

Contrariamente, prestare continua attenzione parziale significa avere un’attenzione parziale - CONTINUAMENTE. Questo comportamento è motivato dal desiderio di essere un nodo . Un altro modo di spiegarlo è che vogliamo sempre connettere ed essere connessi. Vogliamo trovare le opportunità migliori e ottimizzare attività e contatti, in qualsiasi momento. Per essere occupato, essere connesso, sentirsi vivi, essere riconosciuti...

 

Le distrazioni

 

I gadget tecnologici, invadenti e male utilizzati, ci si ritorcono contro. Invece di aumentarla, ormai diminuiscono la nostra efficienza e produttività. Le aziende sono le prime a dover correre ai ripari. Perché la "sindrome" che sposta la nostra attenzione altrove, catturata dal cellulare o da Internet, ha costi immensi.

 

Uno studio compiuto dalla società di software Harmon.ie e dall' istituto demoscopico uSamp, con sede in California, è riuscito a quantificare il danno economico: in media sono 10.800 dollari di perdite all'anno per ogni dipendente (10 milioni di dollari per un'azienda da mille dipendenti). È il valore del lavoro non fatto, o fatto così male da essere inutile o controproducente, perché interrotto da troppe sollecitazioni esterne. Spesso futili, irrilevanti, ma irresistibili.

 

L' ossessività martellante con cui i gadget ci distraggono dalle cose importanti è riassunta in questo dato: il 45% dei lavoratori studiati da Harmon.ie non riesce a concentrarsi per più di 15 minuti consecutivi, senza cadere nella trappola di un' interruzione. Come se non bastasse, spreca altre due ore e mezzo ogni settimana per andare a recuperare informazioni preziose, nascoste o disperse in "contenitori digitali" sempre più intasati e caotici.

 

La perdita di attenzione


Dove ci sono interazioni ci sono tentativi di influire sull’attenzione. Il fenomeno non è nuovo ma sembra che la nostra epoca eserciti molta più pressione sull’attenzione al punto che alcuni parlano di attacchi attenzionali o di furti di attenzione.


E in effetti il nostro ambiente quotidiano è molto cambiato: non è più composto unicamente di elementi naturali, ma è diventato artificiale e dunque sottoposto a nuove influenze apparse così recentemente che il nostro cervello non ha avuto ancora il tempo e il modo di adattarvisi.


A questo si aggiunge l’iper-connessione degli individui, resa possibile da internet, la telefonia mobile e i social network, da whatapps a Facebook. Questi strumenti tecnologici moltiplicano in modo esponenziale le domande d’interazione sempre a discapito della continuità di attenzione.

 

Siamo dipendenti dalle notifiche e se non riceviamo un messaggio in X tempo pensiamo addirittura di avere un problema di connettività.

 

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