Siamo esseri profondamente sociali e nessuno potrà toglierci quest’aspetto. Il cervello registra i rifiuti sociali nella stessa area che si attiva quando sperimentiamo le sensazioni penose del dolore fisico: la corteccia cingolata anteriore.
E’ per questo che qualunque difficoltà a livello di rapporti sociali viene sentita quasi come una minaccia primaria, e diventa una fonte di preoccupazione intensa. A maggiore ragione se questa minaccia deriva da persone cui assegniamo, più o meno consciamente, un potere, un’autorità.
E’ per questo che la relazione con il proprio capo è un fattore decisivo per il benessere delle persone nel mondo lavorativo, prima ancora di parlare di crescita delle risorse umane. Qualunque ricerca sulle motivazioni per cui una persona lascia il proprio luogo di lavoro, contiene nelle prime 3 posizioni, il rapporto con il proprio capo.
Eppure i cattivi capi sono attorno a noi!
Una ricerca del 2014 ad esempio, NBER PAPER “The Value of Bosses”, Stanford University, rivela che 3 impiegati su 4 riferiscono che il loro capo è la parte peggiore e più stressante del loro lavoro.
I 5 Maggiori difetti citati sono:
Non inspirano le persone
Accettano la mediocrità
Mancano di una chiara visione e direzione
Non sono capaci di collaborare e fare gioco di squadra
Non sono coerenti
Riesci ad immaginare quale sia il costo personale e organizzativo di non riuscire ad impegnare completamente la passione, il talento e l’intelligenza della forza lavoro?

Come mai accade tutto questo?
Una prima semplice risposta potrebbe essere questa: passando ad un ruolo manageriale, pochi si dedicano a studiare le competenze del “buon capo” sperando che l’attitudine personale colmi il gap…ma…come abbiamo visto non sempre è così! Non possiamo affidare al caso questo processo così importante.
Uno dei modelli più interessanti per costruire un manager di successo è quello che si richiama alle tecniche e strategie del coaching.

 

Come funziona il coaching?

Il coaching è una metodologia di sviluppo personale, nata negli anni ‘70, inizialmente in ambito sportivo, nella quale una persona (detta coach) supporta un cliente (detto coachee) nel raggiungere uno specifico obiettivo personale, professionale o sportivo. Esattamente quello che fa, o dovrebbe fare, il manager con il suo collaboratore. L’aspetto interessante è come avviene questo supporto. Il supporto del coach, attraverso l’attivazione di risorse e talenti personali, è indirizzato all’acquisizione di un più alto grado di consapevolezza, responsabilità, scelta, fiducia e autonomia. Tutti questi elementi rivestono un’importanza fondamentale nel mondo del lavoro e in effetti, i team in cui i manager si allenano ad acquisire gli strumenti del coach, mostrano maggiore engagement, maggiore produttività, maggiore affiliazione, maggiore soddisfazione….solo per citare qualche effetto. Quando parliamo di manager coach, ovviamente, non intendiamo che il manager diventi un coach professionista quanto piuttosto che ne acquisisca la mentalità e gli strumenti, in modo tale da utilizzarli non solamente durante i colloqui di feedback ma in qualsiasi momento della vita lavorativa, on the go.

 

Le tecniche del manager coach

Le tecniche utilizzate dal coach si collegano da una parte alle antiche tecniche maieutiche, che non hanno mai perso il loro fascino e la loro efficacia; dall’altra si richiamano ad un approccio moderno del management: ascolto, domande potenti, feedback, l’arte di saper porre obiettivi SMART, gestione delle emozioni e priorità sono le principali competenze allenate dal manager coach. Ma più ancora di queste tecniche e strumenti, alla base dell’approccio del manager coach c’è una mentalità da sviluppare e consolidare, quella che la ricercatrice americana Carol Dweck chiama la mentalità della crescita, GROWTH mindset: è la mentalità che considera le capacità mentali e le abilità come qualcosa che può essere allenato, come un muscolo. Contrapposta al GROWTH mindset, vi è la mentalità fissa, la FIXED mindset. Questa mentalità ritiene che le capacità delle persone siano prefissate in base ai doni che madre natura ha elargito al momento della nascita. Non vi è possibilità di sforzo, né possibilità di miglioramento ed è esemplificata nella frase che, purtroppo, abbiamo sentito in bocca a tanti manager: “Tanto non ci arriverà mai!”.
L’approccio GROWTH è in linea con una delle scoperte più sensazionali delle neuroscienze, la neuroplasticità cerebrale: il nostro cervello può continuare a crescere e svilupparsi per tutta la vita….se lo alleniamo!
Il manager coach ha la possibilità di scoprirlo o riscoprirlo, vedendosi crescere nel far crescere le altre persone, sviluppando una profonda e solida fiducia nella possibilità di imparare delle persone.
Ma ancora di più, lo sviluppo delle capacità del manager coach si prefigurano come fondamentali per le aziende del 21° secolo: in una realtà complessa e competitiva come quella attuale, non è infatti possibile accettare che il 70 % dei collaboratori sia disengaged, come cita la celebre ricerca di Gallup sul coinvolgimento delle persone al lavoro! L’approccio del coaching può fare molto per migliorare questa situazione.

 

Corso in aula – Il manager Coach: tecniche e strumenti

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