Pensate al vostro ufficio: è probabile, quasi certo, che abbiate colleghi di età molto distanti tra loro. All’interno di un team, seduti allo stesso tavolo, si ritrovano spesso ventenni e over 60, con quarant’anni di differenza. Oggi, infatti, sono ben quattro le generazioni che condividono lo stesso posto di lavoro: baby boomer, generazione Y, generazione X e generazione Z.

 

Uno scenario, questo, che mai si era verificato prima. Ma che cosa comporta la compresenza di diverse generazioni in azienda? In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza su alcune fondamentali questioni che si trovano ad affrontare le imprese di oggi: gap generazionale, divario generazionale e digital divide.

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Gap generazionale
Per gap generazionale o conflitto generazionale si intende il divario di idee, comportamenti, visioni, norme culturali e modi di affrontare la vita che separa una generazione da quella che la segue e da quella che la precede.

 

La permanenza dei lavoratori più anziani e l’allungamento dell’età pensionabile hanno portato a un forte gap generazionale sul lavoro. Da una parte troviamo i baby boomer, abituati a lavorare in ufficio, tra lunghe riunioni face to face e appunti carta e penna, dall’altra i millennial e gli ancora più giovani della generazione Z, completamente immersi nel mondo di internet e dei social media.

 

Il problema è che il gap tra generazioni si traduce spesso in difficoltà di collaborazione, scontri e pregiudizi: i senior accusano i giovani di non avere sufficiente esperienza e volontà; viceversa, i giovani accusano i senior di essere troppo vecchi per conoscere le nuove tecnologie e mercati.

 

Divario generazionale
Legato al gap generazionale, il divario generazionale è il ritardo accumulato dalle nuove generazioni rispetto alle precedenti nel raggiungimento della propria indipendenza economica e dei propri obiettivi professionali.

 

Negli ultimi anni l’indice di divario generazionale (Idv), elaborato da ClubdiLatina e dalla Fondazione Bruno Visentini, ha toccato picchi elevati e poco rassicurati. Un dato su tutti sintetizza la situazione: come rivela la ricerca Salary outlook, condotta da Jobpricing, i giovani al primo contratto sono pagati il 64,3% in meno dei loro colleghi over 60. E spesso per giovani si intendono anche persone di 35 anni.

 

A questo si lega anche il problema dei cosiddetti Neet (“not in education, employment or training”): come ha evidenziato il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco, l’Italia è “al primo posto per la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione.”

 

Digital divide: quando le competenze digitali dividono
Questi mesi di lockdown e smart working forzato hanno portato alla luce un altro problema del mondo del lavoro italiano legato al gap generazionale: stiamo parlando del digital divide, ovvero il divario tra chi ha possibilità di accesso effettivo alla tecnologia e chi invece no, parzialmente o completamente.

 

Nel mondo del lavoro, questo gap è spesso dovuto a una mancanza non di strumenti ma di competenze. E così si va ad aggravare il divario profondo tra millenial/generazione Z, fatta di nativi digitali capaci ma disoccupati, e lavoratori baby boomer, fatta di senior manager che rifiutano le potenzialità del digitale per paura di non essere all’altezza.

 

Scopriamo nel prossimo articolo come gestire le differenze generazionali al lavoro, in modo tale che, per dirla come John Steinbeck, “la generazione più giovane sia la freccia e la più vecchia l’arco”.

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