Nel 2020 abbiamo assistito a una profonda trasformazione del nostro modo di vivere e di lavorare. L’Economist ha parlato addirittura di una nuova era del lavoro e di un possibile superamento del concetto di weekend. La grande svolta è rappresentata dal “boom dello smart working”; è stato un cambiamento improvviso e “imposto” che ci ha portato a riflettere sul mondo del lavoro e, in particolare, su due approcci: il tradizionale lavoro in ufficio e l’innovativo lavoro da casa. E se fino a ora i due modelli sono sempre stati ritenuti inconciliabili, per il futuro si prevede una forma ibrida: non più un “aut aut”, ma smart working e lavoro in ufficio insieme.
Capiamo ora insieme cosa sta succedendo e come siamo arrivati a questo momento.
Cos’è cambiato con il lockdown
Che la pandemia coronavirus e il conseguente lockdown abbiano spinto tutte le aziende alla ricerca di soluzioni smart working, è sotto gli occhi di tutti. Secondo i dati raccolti da McKinsey, in otto settimane è stato raggiunto un livello di digitalizzazione che si stimava conseguibile in cinque anni.
Poi tra maggio e giugno siamo lentamente riemersi dal lockdown, abbiamo ricominciato con cautela a uscire, a spostarci, ad andare al ristorante. A riprendere in mano la nostra vita. Ma molto lavoratori non sono tornati in ufficio come erano soliti fare: da misura straordinaria, il lavoro da remoto è diventato la quotidianità. Come afferma Pino Mercuri, HR director di Agos: “ormai lo smart working è entrato a far parte della nostra normale organizzazione del lavoro”. Lo conferma una survey di Aidp (Associazione italiana dei direttori del personale): oltre i 68% degli intervistati ha dichiarato che prolungherà le attività di smart working anche nella fase di ritorno a una “nuova normalità”.
Aziende del calibro di Twitter, Google e Facebook hanno deciso di permettere ai propri dipendenti di lavorare da remoto. “Il lavoro da casa è qui per restare” (“work from home is here to stay”) è il titolo eloquente di uno studio condotto da Barclays: la banca britannica ritiene che gli uffici tradizionali diventeranno una “cosa del passato” (“a thing from the past”) e sta dunque rivendendo le sue strategie di localizzazione.
Pubblica amministrazione in smart working
Un forte segnale del cambiamento in corso arriva anche dalla pubblica amministrazione. Dopo anni di tentennamenti, è di questi giorni la proroga fino al 31 dicembre dello smart working per il 50% dei dipendenti che svolgono ruoli eseguibili da remoto. L’emendamento introduce anche il “Piano organizzativo del lavoro agile” (Pola) con il quale la percentuale di dipendenti che lavorerà da remoto salirà al 60% da gennaio 2021.
Cambia il lavoro, cambiano le priorità
Il passaggio da “ufficio vs smart working” a “ufficio & smart working” richiede un forte cambio di mentalità e di competenze, da parte sia dei lavoratori che dei manager.
Ad analizzare le nuove priorità del mondo del lavoro ha provveduto una ricerca di fine maggio condotta dall’osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Doxa, che ha coinvolto 198 aziende italiane medio-grandi e un panel rappresentativo dei lavoratori. Ai primi tre posti delle priorità delle Direzioni del personale ci sono:
- introduzione e potenziamento dello smart working (65%)
- sviluppo di cultura e competenze digitali (45%)
- gestione di riorganizzazioni aziendali o il dimensionamento della forza lavoro (43%)
Gli stessi dipendenti sono ben consapevoli dei mutamenti in corso: uno su quattro crede che il proprio lavoro cambierà nel prossimo biennio e che dovrà aggiornare le proprie competenze. Già durante il lockdown i lavoratori hanno seguito webinar e videoconferenze per migliorare; e ora più che mai, per affrontare al meglio le sfide del cambiamento, dovranno seguire corsi di formazione mirati. Solo così si potrà dare il meglio di sé sia in smart working che in ufficio, raggiungendo il giusto equilibrio e prendendo quanto di buono c’è da entrambe le parti.